
La soglia di povertà si alza intorno alla
Capitale. Secondo il rapporto del “Piano di distribuzione degli
alimenti agli indigenti 2012″, sta crescendo una classe di nuovi poveri
- esclusi dal Welfare, provati dalla disoccupazione o dai tagli assistenziali -
a cui soltanto le associazioni di volontariato riescono a dare aiuto.
Su base nazionale, sono 3,7 milioni le persone assistite nel 2012 dalla
rete di 7 organizzazioni caritative riconosciute dall’Agea (Agenzia per
la distribuzione delle eccedenze alimentari in agricoltura): nel 2010
erano 2,7 milioni, un milione in meno.
Ben 400mila persone, ovvero una città
grande quanto Firenze o Bologna, si sono messe in coda per la
distribuzione di beni alimentari nel solo Lazio. Per il 90%, si
tratta di pacchi, contenenti olio, pelati, cibo in scatola, pasta,
pane. Diminuisce (in proporzione) l’incidenza dei pasti in
mensa, a dimostrazione che i nuovi indigenti hanno possibilità di
cucinare (e lo preferiscono), ma non arrivano a fine mese.
Il piano europeo di distribuzione degli
alimenti, come ammettono gli stessi ministri dello Sviluppo Economico
Corrado Passera e delle Politiche Agricole Mario Catania, è l’unico in
grado di aiutare la nuova “classe” di poveri: anziani con pensioni da
fame (pari al 16% del totale), famiglie numerose o disagiate che non
rientrano nei paletti del welfare, disoccupati o inoccupati. I bambini,
tanto per dire, sono il 5% del totale. L’impotenza dell’Amministrazione
Pubblica è manifesta e conclamata, in questo ambito: solo gli sforzi
dei volontari ed i finanziamenti provenienti dall’Unione Europea rendono
possibile questo programma di distribuzione “da ultima spiaggia”.
Eppure, il rischio è che venga
interrotto anche questo canale di emergenza. A Bruxelles si parla di tagliare i
fondi del programma perché “troppo dispendioso”: sono le voci del
rigore già sentite per la Grecia e la Spagna, che ne accettavano il fallimento
pur di non intaccare le finanze pubbliche del Nord Europa. Passera e Catania
giurano di difendere ad oltranza il piano di distribuzione, e sarà bene che ci
riescano. Perché 400mila persone nel solo Lazio sono un popolo, lo stesso popolo
dell’articolo 1 della Costituzione Italiana. Non possono essere dimenticati.
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